INNOVACTION STORIES: IOVEL FESSHA, “LE PROVE DI PITCH MI HANNO INSEGNATO A SUPERARE I MIEI LIMITI”

Novembre 11, 2014
admin

 

Iovel Fessha ha 31 anni ed è uno studente di ingegneria dei sistemi. È nato e cresciuto in Italia da genitori eritrei. Si sta laureando con una tesi sull’intelligenza computazionale, studiando algoritmi ispirati alla teoria dell’evoluzione. In questo post ci ha raccontato com’è cambiato radicalmente durante i tre mesi di InnLab. Ho tanti amici che sono stati in America e mi hanno raccontato un po’ del mondo delle startup d’Oltreoceano. Quando ho fatto InnovAction Lab mi sono reso conto che fra la nostra realtà e i loro racconti non c’era poi tutta questa differenza.

Certo, l’Italia è più piccola, ma credo che InnLab sia stato in grado di indirizzarmi sulla strada giusta. Intanto mi ha profondamente cambiato, in particolare nel modo di approcciare le altre persone e il mondo del lavoro in senso lato.

Prima di iniziare InnovAction Lab ero convinto di essere l’unica persona vedente in un mondo di ciechi, cioè l’unico in gamba. Ora mi rendo conto di essere sì una persona con determinate competenze, ma non così ampie come pensavo, e che ci sono tante altre persone in gamba, anche più in gamba di me e che possono insegnarmi altre cose ancora.

InnovAction Lab è stata l’esperienza più bella e più dura che abbia mai vissuto. Prima di InnLab avevo fatto due stage in azienda, ma quelli sono nulla in confronto. Portare avanti un proprio progetto è molto difficile e in questo sta la principale differenza. Nei miei stage mi era richiesto di fare del lavoro da scimmia, sedendomi davanti a un monitor, leggendo informazioni e compilando presentazioni. Per altro mal fatte rispetto a quello che ho imparato poi a InnLab. A nessuno in azienda interessava quello che avevo da dire o quali fossero le mie competenze. A InnLab invece è stato diverso: ho lavorato con persone interessate a quello che avevo da dire e ho fatto qualcosa che era davvero mio.

Ora penso di avere una marcia in più rispetto a tanta gente che dorme senza accorgersi di dormire, anzi pensa di fare le cose in maniera corretta quando invece non è così, come ci ha ripetuto spesso e ci ha fatto capire Augusto.

Mi sento molto più motivato rispetto a prima e ho voglia di fare molte più cose. Voglio essere realmente proattivo. Quando compili un cv molto spesso scrivi che sei proattivo, hai capacità di lavoro in team e problem solving, ma non hai idea di cosa questo significhi davvero. Lavorare con il gruppetto del progetto universitario non è fare un team. Lavorare in team significa confrontarsi con gente che molto spesso non si conosce e ha competenze completamente diverse dalle tue. Bisogna essere capaci di ascoltare tutti, imparare dagli altri e imparare a dare agli altri. A volte fare un passo indietro e ammettere i propri errori. Questo all’università non lo impari, anche perché non ti scontri con i problemi della vita reale, come ho dovuto fare durante i tre mesi di InnovAction Lab.

Molte persone direbbero che il momento più difficile di InnLab è quello del primo pitch. Fra l’altro, nel mio caso l’ho fatto io poi abbiamo cambiato pitcher. Per me non è stato quello il momento più duro, ma quello dopo la seconda prova di pitch quando mi sono reso conto che avevamo fatto molte cose, ma non bastava comunque: dovevamo fare molto di più.

Fra la seconda e la terza presentazione, che andava fatta in video, ho avuto un momento di crisi perché mi era stato richiesto di creare una demo del gioco e non avevo le competenze necessarie. Mi sono dovuto mettere a lavorare sodo per recuperarle nei tempi brevi che avevamo. In quel momento ho pensato di non farcela e che avrei dovuto fare un passo indietro. Grazie al sostengo del team e degli amici ho trovato le forze necessarie per fare quello che mi veniva richiesto e sono rimasto fino alla fine.

L’esperienza di InnovAction Lab è stata così particolare, fin dall’inizio, che non ho cercato di fare un team sulla base dei miei interessi, ma a partire da come mi trovavo con le persone. Quando abbiamo fondato il team abbiamo fatto subito un brainstorming sulle idee e ne è venuta fuori una molto particolare, che non era molto legata ai miei interessi, ma che mi è piaciuta subito: Digidoh.

Digidoh è sostanzialmente un videogioco per bambini che sfrutta il gesture control e consente agli utenti di modellare forme in uno spazio virtuale, stimolando in questo modo un approccio creativo alla tecnologia e dando la possibilità ai bambini di realizzare i propri giochi tramite un servizio di stampa 3D. Una specie di Didò digitale.

Attualmente ci siamo presi una pausa per concludere progetti personali che avevamo accantonato per fare InnovAction Lab, come la laurea per me, ma stiamo lavorando per ampliare il team con figure professionali di cui abbiamo bisogno e presto torneremo a portare avanti il progetto.

Scritto da:

IOVEL FESSHA